Chiamatela mindfulness…o come vi pare

Il mondo moderno va sempre più di corsa. Paradossalmente anche adesso, stoppato dal virus, sta facendo le prove generali di velocità. Aumentano le connessioni internet e si sta impostando una nuova “vita wireless” che dalle premesse annuncia di voler viaggiare a ritmi mai visti. Manca poco, anzi pochissimo. In realtà ci siamo già dentro…

Altro che “impareremo a vivere meglio dopo questa esperienza”, come si sente nei salotti televisivi frequentati da sedicenti esperti di tutto.

Sia che si parli di lavoro, vita privata, amicizie e divertimento, l’imperativo del web è sempre e solo uno: consumate ed assaporate tutto, possibilmente con sempre maggior velocità, progressivamente sempre più chiusi tra le mura, meglio se domestiche. Capirete poco e sentirete ancora meno, ma tanto ciò che conta nel futuro, in un ieri divenuto domani senza passare dall’oggi, è un contatto bulimico e superficiale. Di quelli che apri e chiudi con clic, di quelli che con un clic fanno guadagnare fanta-milioni di soldi…ad alcuni.

Quindi abbuffati e paga. O meglio: paga ed abbuffati. In tempi ancora più brevi di quelli a cui eravamo avvezzi fino ad un secondo fa.

Peccato che questi ritmi e questo tipo di vita siano disumani e non siano né desiderabili né mantenibili nel lungo periodo. Tanto che adesso, sia tra i privati che tra le aziende, sia che si resti sul divano col cellulare in mano o che si lavori in un’impresa (poco importa se con lo smart-working casalingo od in ufficio), si va diffondendo la voglia e la necessità di ridurre questa “insostenibile pesantezza dell’etere”.

Per fortuna l’etere, coi suoi web, wireless e tanti altri termini inglesi pieni di “w”, non è in sé né buono e né cattivo. E da veicolo di velocità sfrenata può divenire strumento di rallentamento estremo.

Si vanno appunto diffondendo online i corsi della cosiddetta mindfulness (traducibile con “piena consapevolezza mentale”), vale a dire una pratica meditativa mutuata dal buddhismo e da altre discipline della consapevolezza che pone l’accento sulla necessità del rallentamento della frenesia psico-fisica e sulla “presenza“, cioè un’attenzione non giudicante nei confronti delle cose ed, in primis, di sé stessi.

Mindfulness, meditazione, training autogeno, yoga, tai chi…Usate il nome che preferite per definire l’indefinibile, non importa l’etichetta che gli date, non importa la disciplina che vi consente di svilupparla. Essa è. E’ li. Ognuno scelga il sentiero che gli consente di raggiungerla.

In sostanza la mindfulness è porre l’accento, come da millenni ci insegnano tante religioni e filosofie, sulla piena consapevolezza del proprio micro-cosmo in relazione col macro-cosmo universale, che ci consente di comprendere il posto che occupiamo nel mondo, come parte di un gigantesco ingranaggio cosmico cui ogni essere ed ogni manifestazione è chiamato a concorrere.

Lasciando da parte l’approccio filosofico, ricordiamo che uno dei pionieri della moderna mindfulness è il biologo americano Jon Kabat-Zinn, che negli anni ’70 del XX secolo ha introdotto tecniche meditative del passato come paradigma in alcune discipline mediche e psicoterapeutiche. Per Kabat-Zinn l’importante è la Presenza, attuabile mantenendo un contatto non giudicante con sensazioni, pensieri, impulsi, azioni, relazioni e parole. In sostanza, la presenza è restare aderenti alla cose, sia quelle dentro che quelle fuori di noi. Con essa è possibile superare la sofferenza interiore e raggiungere l’accettazione di sé.

Ma attenzione: la meditazione, come insegnano tanti Maestri, non è un momento da trascorrere prima di rigettarsi nel “logorio della vita”. Non è una delle tante cose che abbiamo da fare e che incastriamo tra un impegno e l’altro. La meditazione è. O vivo tutta la mia vita con un atteggiamento di pienezza, vale a dire costantemente meditativo, o altrimenti starò solo aderendo ad una cosa bella, ma che rischio di ridurre all’ennesima moda del momento.