Il trapianto di feci

Un po’ fa schifo, un po’ fa ridere, un po’ fa pensare…

Stiamo parlando del trapianto di feci, in inglese Fecal microbiota transplantation. Si tratta di trapiantare materiale fecale da donatore sano ad una persona malata, nel senso che il soggetto che beneficia di questo trapianto è un portatore di germi resistenti agli antibiotici e pertanto è molto esposto ad infezioni potenzialmente incurabili.

Con questa tecnica si spera di decolonizzazione il tratto gastro-intestinale da tali batteri, soprattutto quelli che attivano la Klebsiella Pneumoniae Carbapenemasi-produttrice (KPC), un’infezione batterica opportunistica resistente all’antibioticoterapia che provoca sepsi che possono portare alla morte, specie in ambito ospedaliero e post operatorio.

Insieme a Grecia e Portogallo, l’Italia è uno dei paesi più colpiti da questa infezione, che si eradica a fatica e spesso in modo incompleto.

Per fortuna la tecnica del trapianto fecale, diffusasi molto di recente, pare essere un’interessante opportunità per ridurre il problema delle infezioni ospedaliere. Si è già mostrata vincente nell’eradicazione del Clostridium Difficile (batterio responsabile di severe coliti).

Nel caso della KPC si ripulisce l’intestino dei pazienti colpiti e si introduce (tramite sondino naso-digiunale) nuovo materiale fecale da paziente sano, vale a dire portatore di microbiota sano. In tal modo il microbiota introdotto andrà a colonizzare l’intestino del ricevente ripristinandone il corretto funzionamento.

Gli studi al momento proseguono, ma c’è già cauto ottimismo. Bisognerà solo vedere, visto che nel breve periodo la tecnica funziona, se i risultati saranno buoni anche nel medio-lungo periodo.