La Nobile Arte

Si parla di pugilato, vengono in mente sganassoni…Ma in realtà trattasi di Nobile Arte.

Non è un paradosso, non è un modo di cercare di abbellire qualcosa che in molti ritengono poco attraente. L’arte del combattimento, vecchia quanto l’uomo, è mestiere raffinato in cui servono cuore, mente e muscoli.

Nell’eccezione sportiva infatti la boxe è soprattutto rispetto dell’avversario e del codice etico, scritto e non scritto, che riguarda sia la disciplina in sé che più in generale i rapporti umani. Colpisco, ma non infierisco. Atterro, ma non sotterro. Batto, ma non abbatto. Giochi di parole, sia chiaro, ma che vanno ben oltre il loro mero significato.

E se è pur vero che anche nell’ars pugilatoria talvolta ci si fa male e talvolta si muore anche, non va dimenticato che ciò accade in tutte le discipline. In termini percentuali, per esempio, sono molti di più gli infortuni ed i decessi che si verificano tra i praticanti di un’attività apparentemente innocua come la bicicletta che non tra chi si schiaccia il naso a cartoni.

Sport che forma il fisico ed il carattere, il pugilato stimola resistenza ed al contempo velocità, forza ed al contempo leggerezza. I colpi potenti si alternano a sciabolate di fino. E se i riflessi per schivare i pugni devono essere più che buoni, il cuore deve recuperare in poco tempo sforzi che vanno dall’aerobico all’anaerobico, dal lattacido all’alattacido.

E poi serve tecnica, che non basta mai. E se anche questa si rivela inutile, servono finte. E se anche le finte sono vane, serve coraggio. Si si, coraggio. Bisogna buttarsi spesso in bocca al leone, per batterlo. Devo aver la faccia tosta di sfidare il pugno dell’altro, per potergliene assestare uno a mia volta.

Scrivo tutto questo non per farvi piacere un qualcosa che magari non vi piace, ma per sottolineare che la banalità dell’analisi ci può portare fuori strada. Il pugilato non è in sé violento, bensì è disciplina rispettosa dell’altro. Se qualcuno sul ring si dimostra violento, lo era già prima di salirvi. E forse allora bisognerebbe parlare con chi ha allenato quel boxeur e ricordargli che prima di essere atleti, bisogna esseri uomini.