Jin e tai chi: l’An jin

Proseguendo con la carrellata delle abilità nelle arti marziali cinesi ed in particolare nel tai chi chuan, ecco l’An jin, traducibile con i verbi “premere, pressare, schiacciare”. E’ una forza che porta giù, come quella di una cascata che veicola verso terra qualsiasi energia con cui si confronti.

L’An jin è appunto la capacità di rendere inefficace il colpo dell’avversario premendolo in basso, anche se nella pratica il pugno od il calcio possono essere deviati pure in altre direzioni, come per esempio in alto. La chiave del movimento è la vita, cioè il bacino: si usa infatti la spinta che scaturisce dai fianchi per comprimere, colpire e far esplodere la propria forza all’interno dell’avversario.

L’ideogramma è appunto composto dal radicale (mano) e 安 ān (tranquillo, pacifico, calmo, sicuro). Nelle movenze del tai chi questo movimento è rintracciabile sia nella forma dei 108 movimenti, specialmente quando si effettuano il grande e piccolo muro che deviano lateralmente un colpo, sia in alcune tecniche specifiche come quelle del drago, del serpente ed anche della tigre.

Più specificamente nell’accezione del premere o schiacciare, la percossa è appunto assecondata portandola fuori dal bersaglio principale: la mano od il piede sono cioè premuti in basso, con una azione che da un lato consente di spostare la veemenza della spinta e dall’altro destabilizza la posizione del contendente, poiché la direzione del suo colpo viene accompagnata in basso con una conseguente rottura dell’equilibrio del soggetto.