Italiani in casa tra orti e giardini

Questa pazzesca ed al contempo storica segregazione che stiamo vivendo, non solo in Italia ma in un numero sempre maggiore di paesi, sta portando i nostri connazionali (ma più in generale gli abitanti del frenetico Occidente) a riscoprire il piacere di dedicare tempo ed energie ai propri orti ed ai propri giardini.

Forse non tutti posseggono un terreno, ma c’è anche chi si improvvisa su di un balcone con qualche vasetto ed una paletta, giusto per provare a far sbocciare un fiore o per coltivare un rametto di rosmarino in pieno centro.

Ognuno a modo suo, ci stiamo riappropriando del tempo e degli spazi che per tanti lustri ci siamo dimenticati e che ormai parevano il retaggio di un passato contadino che non doveva più tornare.

Ahimè il virus invece, con tutti i suoi connotati negativi, ci sta paradossalmente dando la possibilità di riaffacciarci ad una finestra che per troppo tempo abbiamo tenuta chiusa: quella del nostro giardino interiore, ben espressa sotto forma di metafora dal giardino di casa, mito antichissimo ma sempre attuale dell’unione con la Madre Terra e del ritmico ciclo della vita.

Coltivando orti e giardini, spalmando le nostre individualità su un fazzoletto di terra, possiamo riassaporare il piacere della terra, nella terra e con la terra. Nel lavoro di aratura e di semplice dissodamento di un terreno, nei voluttuosi piaceri della semina e dell’innaffiatura, ritroviamo l’arcaico slancio dei nostri progenitori che scrutavano le stelle alla ricerca di segni che li rinfrancassero in merito ai tempi ed alle modalità di gestione dell’agricoltura.

Per troppo tempo abituati a creare poco e male, con un netto calo anche delle nascite e della forma più sublime di creazione, eccoci tornare protagonisti della creazione diretta grazie ad orti e giardini. Con l’augurio che questo contatto ci permetta davvero di tornare coi piedi per terra, alla riscoperta di radici che non sono solo quelle delle piante in senso stretto, ma dell’uomo-albero nel suo aspetto archetipico di essere sospeso tra due mondi, quello di Gea che dal basso sale e quello del cielo che dall’alto scende…