Il doping tecnologico

Nuova frontiera del doping: da alcuni anni è in voga il doping tecnologico. Al momento è stato accertato nel ciclismo, con la belga Femke Van Driessche pizzicata con un motorino nella bici agli ultimi Mondiali di ciclocross (per lei 6 anni di squalifica), ma potenzialmente potrebbe essere in uso anche in altri sport.

Ma di cosa di tratta? Di un meccanismo elettrico che viene montato, nel caso del ciclismo, all’interno della bici, nella zona dei pedali o nella ruota. Esso scarica potenza sugli ingranaggi deputati a far avanzare il mezzo e garantisce all’atleta una “energia” supplementare che, almeno per alcune decine di minuti, può trasformare un discreto pedalatore in fuoriclasse.

Alcuni di questi motorini possono regalare al ciclista da poche decine fino ad oltre 100 watt di potenza in più: tenendo presente che un buon ciclista raramente raggiunge a soglia i 400 watt, possiamo ben capire quanto sia rilevante l’aiuto fornito.

Detto della belga Van Driessche, il sospetto negli anni è caduto su parecchi altri atleti (alcuni famosi) che, almeno nelle immagini video, hanno sciorinato delle performance decisamente dubbie.

Negli ultimi anni, e specialmente negli ultimi mesi, si è proceduto con controlli a tappeto in parecchie competizioni, ma tolto il caso della ciclocrossista belga, non sono emerse anomalie. Il modo per accertare l’uso di motorini nella bici al momento consiste nell’utilizzare apparecchi che rilevano emissioni di calore o sorgenti elettro-magnetiche, entrambe prodotte da questi piccoli marchingegni.

Il problema è che ci sono svariati sistemi per attivare delle modalità coprenti (cioè per schermare queste emissioni) o, spendendo molti soldi, per creare dei motorini per ridurle al minimo ed ingannare gli apparecchi di rilevazione.

Il sistema migliore quindi è quello di agire in maniera diretta, cioè di guardare a fine gara dentro la bici dei ciclisti in modo da appurare la presenza o meno del motore. Tuttavia questa modalità potrebbe risultare lunga e dispendiosa e non sempre applicabile a tappeto in competizioni che vedono allo start anche 200 ciclisti.

Quanto scritto sopra riguarda il ciclismo professionistico, ma l’utilizzo delle bici truccate pare sia ampiamente diffuso nelle competizioni dei circuiti amatoriali.