Arti marziali: la scimmia

La forma o stile della scimmia è comune a molte arti marziali orientali e si presenta anche in alcuni chi kung o lavori del chi, vale a dire le “ginnastiche mediche”.

Nelle arti marziali, come in altri aspetti della cultura antica, sono stati presi degli animali totemici che esprimono le forze che albergano dentro di noi e che trovano nell’animale di riferimento piena espressione.

La massima rappresentazione della scimmia (peraltro animale dello zodiaco cinese) è quella del Dio Hanuman (o Hanumat), il Dio-Scimmia appunto del poema epico indiano Ramayana. Tale Dio, tuttavia, è una presenza ricorrente in tutto il continente indo-cinese ed anche nella zona dell’Himalaya, dove esprime la potenza della scimmia incarnandosi nel mitico Yeti o Uomo delle Nevi.

La forma della scimmia è presente, come detto, in numerose arti marziali: tra queste anche il kung fu ed il tai chi chuan. Spesso si parla dello stile della “scimmia ubriaca”, che nelle movenze ricorda i modi maldestri di un avvinazzato, ma che in realtà esprimono solo la completa scioltezza del corpo e l’abbandono della razionalità, entrambe caratteristiche dell’ubriacatura. Esistono anche le forme della “scimmia di ferro” e della “scimmia astuta“.

La “boxe della scimmia” spesso non è elegante, ma esprime agilità e velocità nelle movenze. Il corpo del praticante, perché si possa parlare di tecniche ben espresse, deve essere sciolto ed agile: la scimmia colpisce con tutto il corpo e spesso si difende ed attacca da posizioni “estreme”.

Nello stile della scimmia si utilizza anche il bastone, peraltro arma di riferimento del Dio Hanuman: molte rappresentazioni della divinità lo ritraggono in cima ad un palo appoggiato verticalmente al suolo, in perfetto equilibrio. Equilibrio che è sia fisico che psichico, quindi spirituale e morale.

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