Sublime Deledda

C’è una Sardegna mitica, di folletti e di fiabe, di fiumi forti e di montagne aspre. Una Sardegna di uomini e donne scolpiti nella roccia, carichi di miseria eppure nobili, stanchi della vita ma al contempo aperti alla sfida di assaporarne fino in fondo il sapore.

Un sapore talora dolce, spesso amaro.

E’ la Sardegna di Grazia Deledda, piccola donna del nuorese assurta a gigante della letteratura mondiale. Insignita del Premio Nobel nel 1926 soprattutto grazie al suo celebre romanzo “Canne al vento”, merita una lettura e, se possibile, cento, mille riletture.

Il suo stile è infatti avvincente, pur raccontando le miserie della vita contadina di un’isola che forse, ceduto il passo alla modernità, non è più così. Uno stile asciutto ed al contempo aulico, poetico sin nella più semplice delle parole.

Una scrittura che fa dell’essenziale il suo imperativo. Ma trattasi di un essenziale unico, magico, arricchito di una sensibilità e di una abilità letterarie che hanno pochi eguali.

Senza girarci in giro, leggere Grazia Deledda è un piacere.

Le pagine corrono e scorrono veloci, le immagini dall’autrice sono dipinte, più che scritte. Essa è una pittrice prestata alla letteratura, tanto che pare scrivere con un pennello.

La tavolozza dei colori da cui attinge le sue sfumature è ricca e, abbinando sapientemente toni diversi, riesce nell’impresa di rendere vividi i suoi personaggi, urlante il vento che spesso scuote le sue pagine (o tele?), aspra e bella la natura di una Sardegna ancora attaccata alla tragicità delle sue epoche preistoriche. Ma tuttavia già protesa e slanciata verso i tempi del progresso, che non possono fare altro che corromperne la fisionomia…

Buona lettura…