Le retorica della paura

Quando l’uomo ha paura le sue difese psicofisiche si allentano. Al contrario invece la sua impressionabilità diventa più marcata, tanto che il suo spirito critico si riduce assieme alla capacità di vedere e valutare le cose che lo circondano nella giusta prospettiva.

Tutti i regimi totalitari ed in generale quelli che puntavano e puntano sul “divide et impera” di romana memoria l’hanno ben capito: il mammifero spaventato è più facilmente soggiogabile, tanto più se gli si dà l’impressione di agire nel suo interesse.

Questo spaesamento, questa allucinazione che diviene in un certo senso collettiva poiché rivolta alle masse e non ad un singolo individuo, determina una totale incapacità di soppesare le cose per ciò che in realtà sono e spinge i popoli ad accettare restrizioni sempre più severe alla propria libertà…restrizioni che diversamente non avrebbero tollerato.

Al contempo chi invece si accorge della mistificazione e si mette ad urlarla ai quattro venti nella speranza che anche altri se ne avvedano, viene ricoperto delle peggiori ingiurie. Le sue affermazioni paiono impossibili alla massa istupidita, che sentendo scosse le sue certezze “sul Buon Governo che come un padre si prende cura dei suoi figli”, diventa solerte sostenitrice del pensiero dominante, facendolo suo. Un pensiero che svincolato dallo spirito critico dei suoi sudditi può volare sempre più in alto…

In poco tempo le vittime soggiogate e turlupinate si trasformano in volenterosi carnefici del regime, cieche e ben liete di reprimere (prima a parole, poi spesso nei fatti) chiunque cerchi di minare le puerili certezze su cui hanno costruita la loro finta sicurezza. Una sicurezza che tuttavia gli consente di vivere…o sopravvivere.

Una massa divenuta informe estromette l’individuo e demanda ad altri scelte e libertà, espressioni di pienezza di vita ma al contempo faticosissimi slanci di responsabilità…