La cannabis terapeutica

Facciamo un distinguo doveroso: la marijuana acquistata in modo illegale è molto diversa da quella che si utilizza con finalità terapeutiche o medicinali. Senza entrare troppo nello specifico, tra le due tipologie esistono sia differenze di composizione che di somministrazione, quindi evitiamo confusioni, sospetti e diffidenze…Sono due cose ben diverse tra loro.

Gli effetti positivi della cannabis, al momento ancora in fase di studio, per certi versi sono noti da tempo: basti come esempio quello delle cure palliative e della terapia del dolore, sia in ambito oncologico, ma non solo.

Tutto si riconduce alle infiorescenze della pianta, che contengono una molecola che agisce sul sistema nervoso umano, sia periferico che centrale, determinando effetti analgesici e rilassanti ed influenzando positivamente il dolore, l’appetito, l’umore e la memoria.

Al momento in Italia sono cinque i farmaci a base di cannabis legalmente autorizzati: sono somministrati a chi è sotto chemioterapia (poiché controlla nausea, vomito ed appetito), a chi soffre di dolori cronici e a chi è malato di Sclerosi Multipla (lenisce gli spasmi muscolari) o Sindrome di Tourette. Si sta ancora valutando invece l’effetto sulle persone affette da fibromialgia e su quelle colpite da parecchie altre malattie soprattutto di carattere nervoso o neurologico.

I cannabinoidi, per essere efficaci in chiave terapeutica, devono passare attraverso una reazione chimica nota come decarbossilazione che si ottiene sottoponendo le molecole a temperature oltre i 100 gradi centigradi. Pertanto, l’uso migliore della “marija” non è quello (come sostengono alcuni) dello spinello, che di fatto ne disperde le molecole, ma quello dell’estratto in olio