Il gomito del tennista: i rimedi naturali

Il cosiddetto gomito del tennista (noto in medicina come epicondilite) è uno stato infiammatorio dei tendini del gomito che colpisce le persone (soprattutto nella fascia 30-50 anni) che usano molto le braccia (sovraccarico), sia per ragioni sportive (come i tennisti appunto, ma anche i golfisti, i canoisti ed altri) sia per ragioni lavorative (giardinieri, muratori, cuochi).

Si sviluppa in conseguenza di quelle attività che non solo stressano muscoli e tendini con la fatica ripetuta (sempre gli stessi movimenti o addirittura traumi da contatto o caduta), ma anche con le vibrazioni: chi ne soffre solitamente maneggia strumenti (quali racchette, pagaie, mazze, martelli, mestoli, vassoi) che hanno tremolii od oscillazioni che si trasmettono al braccio provocando nel medio-lungo periodo uno stato infiammatorio più o meno fastidioso.

Innanzitutto, detto che esistono parecchie cure della medicina allopatica che può prescrivere il medico (dai farmaci sino alle operazioni), sarebbe opportuno osservare un periodo di riposo parziale o totale per permettere alla zona colpita di rigenerarsi da sola. Ammesso di poterlo fare, perché spesso chi lavora con le braccia non può farne a meno: in tal caso si consiglia di interrompere spesso l’attività, aiutarsi col braccio “sano”, fare allungamento o stretching con l’arto dolente.

E’ una buona idea anche l’applicazione di ghiaccio o freddo per disinfiammare la zona colpita: bastano pochi minuti, per più applicazioni al giorno, per lenire il dolore e togliere infiammazione.

Ottima anche la fisioterapia, come il massaggio od altre manipolazioni che tendono a sciogliere la muscolatura, a mantenere mobile l’articolazione in condizioni di scarico, a drenare sangue e linfa onde evitare ristagni. Nello shiatsu e nella digitopressione vengono trattati, in chi soffre di gomito del tennista, i meridiani del braccio ed in particolare quello di Piccolo Intestino, ma anche i canali del Fegato e della Vescicola Biliare.

In alcuni casi vengono applicati bendaggi, più o meno stretti, per evitare che il braccio effettui movimenti dolorosi.

A livello alimentare, consigliamo di consumare cibi antinfiammatori quali il sedano, ma anche noci e legumi ed alimenti ricchi di Omega 3 come il pesce azzurro.

Passata la “fase calda”, la persona può riprendere ad usare l’arto con movimenti controllati e dolci, effettuando esercizi di tonificazione muscolare ed allungamento che nel corso del tempo gli consentiranno di riprendere anche l’attività che aveva generato il fastidio.

Va sottolineato che l’epicondilite, se trascurata, può peggiorare: da semplice fastidio in zona gomito, può divenire dolore pieno che si estende lungo l’avambraccio fino alla mano, tanto fastidioso da avvertirsi anche in condizioni di riposo e da togliere forza all’arto sia nel movimento dello stesso che nella presa con le dita.

In generale l’epicondilite, se presa all’inizio con la dovuta attenzione, può rientrare del tutto nell’arco di qualche settimana (a volte si arriva a sei mesi o poco più), mentre nei casi più gravi il decorso può anche durare due anni.

Lo sottolineo non per spaventare le persone che ne soffrono, ma solo per tranquillizzarle se la guarigione tarda: i tempi del corpo spesso non collimano con quelli che la società o noi stessi ci imponiamo, pertanto non dobbiamo sentirci frustrati dal fatto che il gomito migliori più lentamente di quanto vorremmo. L’importante è non farsi ingolosire dai primi miglioramenti, perché ritornando a caricare l’articolazione prima del tempo potremmo incappare in una ricaduta o far cronicizzare il disturbo.