…per fortuna c’è la resilienza

Conan, che nel film Conan il Barbaro è interpretato dal noto culturista (allora) Arnold Schwarzenegger, crebbe in un mondo di sangue e violenza. Un popolo barbaro lo mise ancora bambino, al fine di temprarne corpo ed animo, a girare la ruota di una sorta di mulino assieme a tanti altri suoi coetanei. I suoi coetanei perirono presto, lui solo sopravvisse e divenne un gigante forte e valoroso.

Aldilà del riferimento cinematografico, a sua volta ispirato alla saga letteraria di Robert Howard, Conan esprime a suon di muscoli un concetto ormai molto noto (e di moda) che è quello della resilienza.

Resilienza che, in psicologia, altro non è che la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita innanzi alle difficoltà restando tuttavia umani e sensibili, aperti al mondo ed al contempo fedeli alla propria identità.

Sono persone resilienti, in sostanza, quelle che malgrado le avversità riescono, nonostante tutto e spesso contro ogni previsione, a sostenere lo sguardo della malasorte senza abbassare gli occhi, ma anzi fronteggiandolo con slancio, energia e…coraggio.

Se un certo grado di resilienza è comune a tutte le epoche ed a tutte le culture, ci sono tuttavia dei momenti storici che mettono ancora di più alla prova questa straordinaria capacità dei viventi e dell’essere umano.

Come sempre non tutti riescono a salvarsi, ma l’importante è che chi riesce a farlo resti prossimo, vicino ed aderente alla sua natura, alla sua umanità…Salvarsi divenendo altro rispetto all’uomo, cavalcando i concetti del trans-umanesimo che possono far sorridere se escono dalla penna di qualche scrittore di fantascienza ma che terrorizzano se fioriscono sulla bocca dei politici e di alcuni sedicenti filantropi, è una bestemmia contro il Cielo e contro l’Altissimo, comunque lo si voglia chiamare.

Ma soprattutto è una bestemmia contro l’uomo e la sua anima immortale, un’anima che ne fa un Dio di carne, un’anima che potrebbe consentirgli di volare. Anche se del volo pare non sia rimasta più nemmeno la memoria o l’intenzione…Siamo forse divenuti dei “gabbiani ipotetici”, per dirla con Giorgio Gaber?

Eppure la resilienza che ci è propria è sempre lì…proprio lì, tra un respiro ed un battito, nel pieno del petto dove gli andini collocano il seme dell’Inca. Ed il seme è lì. E vuole germogliare.

Possiamo, vogliamo e dobbiamo resistere, per noi e per la nostra umanità, che non va reinventata, ma solo riscoperta. Non c’è una nuova normalità: l’uomo non ha altra normalità che quella che gli è propria. Potremo semmai vivere più saggiamente, quello sì, ma senza venire meno alla nostra natura, che è quella di Dei pulsanti che si nutrono di abbracci, di carezze e di respiri che si mischiano nell’intimità degli affetti.

Se saremo resilienti e sereni, certi delle infinite energie che albergano nei nostri cuori, potremo resistere e divenire forti e valorosi. Proprio come Conan. Ma dovremo avere coraggio e, con un pizzico di ricorsa, provare a spiccare il volo