Ernest…

Di lui non vi vogliamo consigliare un libro, ma tutta l’opera. Per spiegarvi perché, basta il suo nome: Ernest Hemingway.

E’ stato a mio giudizio uno degli scrittori più abili sia nella creazione dei dialoghi che nella capacità estetica di descrivere situazioni ed ambienti.

Peraltro vincitore di un Premio Nobel (ammesso che abbia valore, ognuno valuti da sé), il nostro Ernest ha avuto una vita che spesso è meglio leggerla che viverla. In poche parole, al di là dei successi letterali e del denaro guadagnato, ha vissuto notevoli sofferenze che di fatto trapelano anche dai suoi romanzi e che l’hanno accompagnato sin dalla giovinezza. Dedito alla bottiglia e morto suicida a poco più di sessant’anni, è una delle icone della lost generation americana che nei primi anni del secolo scorso cercò (e trovò) fortuna in Europa.

Ciò che di lui è apprezzabile, oltre allo stile, è il dinamismo della sua opera, che si manifesta potente in tutti i suoi romanzi. Per non parlare poi dei tanti racconti brevi che seppe realizzare con una maestria che forse non ha eguali.

Che fosse una brava persona o meno (perchè tanti spesso si perdono a parlare di questo), non credo stia a noi giudicare: cacciatore incallito, protagonista di tanti safari, donnaiolo impenitente, gran picchiatore e amante delle corride, era un uomo dell’800 (nacque appunto nel 1899) e di quel secolo incarnò i difetti…ed i pregi…

Pertanto, godiamocelo come scrittore. Punto.

Tra i suoi libri più riusciti, ricordo qui “The sun also rises”, spesso noto come “Fiesta”, che è una delle sue opere giovanili che di fatto lo consacrò scrittore e che è ambientata a Pamplona durante la Feria de San Fermin.

E posso non citare “Il Vecchio ed il mare”? Oltre a “Festa mobile“, “Addio alle armi“, “Per chi suona la campana“ e “Morte nel pomeriggio“?